In Italia si sono avvalsi dell’ipnosi già a partire dagli anni ’60, i tennisti Adriano Panatta e Lea Pericoli, nell’88 Gelindo Bordin che vinse la maratona olimpica di Seul, e in tempi più recenti Giorgio Rocca, Josefa Idem e Niccolò Campriani.
L'importanza dell'allenamento mentale come parte integrante della preparazione atletica è ormai generalmente condiviso ed oggetto di numerose ricerche in laboratorio e sul campo.
All’estero l’ipnosi è parte integrante dei percorsi di allenamento mentale.
In Italia se ne sente parlare di meno, forse a causa dei pregiudizi e dei falsi miti che ancora fanno pensare a una sorta di “controllo mentale”. O forse perché in alcuni casi non si parla direttamente di ipnosi ma si utilizzano tecniche ipnotiche mascherate dietro il nome di visualizzazione attiva o altri titoli meno inquietanti del termine “ipnosi”. Ma in realtà il lavoro che viene fatto ha tutte le caratteristiche per rientrare in un percorso ipnotico applicato allo sport.
Sono molti i modi in cui l’ipnosi può migliorare la performance sportiva:
- opera sui parametri di tipo fisico (come ad esempio la frequenza del battito cardiaco, la portata respiratoria, il rilassamento muscolare e la pressione sanguigna)
- aiuta a gestire i pensieri, emozioni e stati mentali che possono influenzare la prestazione sportiva (come ansia, paura dell’insuccesso, paura di vincere)
- facilita il raggiungimento dello stato di flow durante il quale la nostra mente funziona in maniera “ottimale” e che spesso l’atleta riscontra in concomitanza delle sue migliori prestazioni (peak performance)
- ottimizza le strategie di visualizzazione e immaginazione guidata
- aumenta l’autostima e il senso di autoefficacia che sono parte integrante di ogni prestazione
- aumenta la resistenza al dolore e alla fatica
L’ipnosi può essere un valido supporto per tutti gli sportivi e non solo per i grandi campioni.